Mine, ordigni inesplosi (UXO) e l’uso più frequente di ordigni esplosivi improvvisati (IED) costituiscono una crescente minaccia in tutta la regione del Sahel. Nonostante sembri che gli obiettivi prefissati di numerosi gruppi armati non statali e antigovernativi siano le forze di sicurezza, numeri crescenti di civili restano uccisi o mutilati indiscriminatamente.
In occasione dell’ultimo incidente verificatosi in un campo rifugiati del Ciad orientale il 24 giugno, quattro bambini rifugiati di età compresa tra 9 e 12 anni sono rimasti uccisi e altri tre gravemente feriti quando hanno raccolto da terra un ordigno inesploso tentando di aprirlo.
Nella Nigeria nordorientale, circa 230 persone sono rimaste uccise da IED e oltre 300 ferite nel 2019. Ad oggi, sono stati registrati più di 15 incidenti nel corso del 2020.
Il Sahel è teatro di una delle crisi che cresce a ritmi più rapidi su scala mondiale e che registra la fuga di milioni di civili dalle aggressioni indiscriminate perpetrate da gruppi armati mediante esecuzioni sommarie, la pratica diffusa dello stupro delle donne, e attacchi contro le istituzioni statali, comprese scuole e strutture sanitarie.
Oltre all’elevato tasso di morti, feriti e conseguenze correlate, tra cui danni alla salute mentale, la presenza di ordigni esplosivi ostacola l’accesso ai mezzi di sussistenza locali e condizionano anche la consegna di aiuti umanitari e lo svolgimento di attività per lo sviluppo.
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